venerdì 10 maggio 2013

Marisa Pascarella: Il riscatto di Maddaloni riparte dalla scuola


Per SEL Maddaloni una delle priorità che la prossima amministrazione comunale deve affrontare è quella della dispersione scolastica, tema sempre molto (forse persino troppo) dibattuto e mai affrontato concretamente dalle passate amministrazioni cittadine. La candidata al consiglio comunale, Marisa Pascarella, indipendente SEL nella lista del PD, si sofferma su questa tematica, sulla scorta della sua lunga esperienza lavorativa presso il COP (Centro di Orientamento Professionale) Campania di Maddaloni, che – curiosamente – non ha la propria sede in città. Per SEL, affrontare la dispersione scolastica significa tener contro dell’intreccio di fattori culturali specifici del nostro Paese e del Mezzogiorno in particolare, ma anche agire concretamente, senza dilungarsi in disquisizioni pedagogiche o in analisi socio-psicologiche che rischiano di condurci a una conoscenza approfondita e globale del problema, allontanandoci, però, dalla messa a punto di politiche di intervento efficaci. È ovvio, infatti, che – a maggior ragione in un momento di crisi economica come quello che stiamo vivendo – occorrono degli interventi di sostegno alle famiglie, a partire proprio dai servizi che il comune è tenuto a fornire.

Innanzitutto, Marisa, perché il COP di Maddaloni non ha la propria sede a Maddaloni?

Negli anni scorsi, la sede del COP è stata ospitata in locali comunali in comodato d'uso. In quel periodo abbiamo offerto consulenza a circa 2.000 maddalonesi, diventando un punto di riferimento per le famiglie dei giovani a rischio di dispersione. Tuttavia, la giunta Cerreto, come primo atto, ha provveduto alla dismissione della convenzione con la regione Campania, quindi attualmente il COP, non essendo più presente a Maddaloni, può offrire la sua consulenza solo a tutte le scuole del distretto, ma non può più intervenire direttamente con gli utenti. È auspicabile, quindi, rivedere questa decisione per ridare nuova linfa agli interventi sulla formazione e l’orientamento professionale in una città come la nostra, attanagliata dalla disoccupazione specialmente giovanile e femminile.

Perché la dispersione scolastica è un'emergenza a Maddaloni?

Da anni verifichiamo, con il nostro lavoro nelle scuole, che la dispersione scolastica è un forte problema – si parla di una percentuale del 30 per cento degli iscritti alla scuole dell’obbligo – che, almeno al momento, sembra senza soluzioni. Non affrontarlo significa offrire manovalanza alla delinquenza e creare cittadini-sudditi.

A quale livello di istruzione si manifesta maggiormente?

Solitamente comincia dopo la quinta elementare, quando gli insegnanti hanno già operato una selezione, mettendo i migliori da una parte e i peggiori dall'altra. Chiaramente, i peggiori sono i ‘difficili’, quelli che hanno bisogno di più tempo per apprendere e comprendere un linguaggio a cui non sono abituati. La dispersione più forte dopo il primo anno delle scuole medie. In quella fase, non si parla ancora di vero e proprio abbandono. I ragazzi, insieme ai genitori, cominciano a rendersi conto di essere emarginati e che esistono due pesi e due misure. Con grande sforzo, un 50% di questa platea arriva al diploma di scuola media, ma poi alla scuola superiore, per questa fascia, la dispersione arriva al 100 per cento.

In particolare a Maddaloni, la dispersione scolastica è un problema più economico o più culturale?

Entrambi. Da una parte, è economico perché gira attorno al business dei corsi di formazione professionale perché la scuola non offre alternative ai più disagiati, facendoli diventare sfiduciati e facilmente aggredibili da chi sa più di loro. Il disperso non stima se stesso e chi lo circonda. L'offerta formativa della scuola pubblica non offre sufficienti percorsi formativi ‘creativi’ e professionalizzanti. Prevale, infatti, un’idea di cultura legata alle discipline umanistiche e scientifiche, che rispetta poco o niente lo sviluppo delle competenze ‘tecniche’. Ancora oggi i professionali sono visti come il rifugio dei meno preparati; peraltro, i professori che vi operano hanno spesso la sensazione di lavorare in scuole di serie B, e trattano i ragazzi di conseguenza.

Quali possono essere politiche concrete a sostegno delle famiglie per alimentare una 'cultura della scuola'?

Innanzitutto, bisogna far capire ai genitori che la scuola è un diritto di tutti e che solo con le competenze acquisite a scuola si potrà parlare di occupazione. È poi necessario parlare con gli addetti ai lavori (presidi e docenti) coinvolgendoli di più, indicando concretamente i rischi che la città sta vivendo, come l’impennata della criminalità giovanile. Insomma, bisogna abbandonare l’approccio retorico alla dispersione, che ci porta a rintracciarne e analizzarne le radici sociologiche e psicologiche senza intervenire con misure concrete per arginarla.


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